Sono già note a molti le potenzialità della stampa 3D, capace di applicarsi ad un numero di ambiti in costante crescita: che si tratti della costruzione di piccoli gadget alla prototipazione di oggetti ottenuti fino ad oggi con tecniche costruttive classiche, il 3D printing è ormai diffuso in buona parte del mondo. Il successivo step nell’evoluzione della stampa 3D sarà ciò che ci avvicinerà al 4D printing, processo incentrato sull’uso di materiali particolarmente evoluti che, dopo aver raggiunto una forma standard, sono in grado di modificare il loro assetto in base ad eventi atmosferici esterni, tra cui le variazioni di temperatura, pressione e luce.
Gli esperimenti relativi al 4D printing condotti finora si sono rivelati approssimativi: il tempo di stampa è eccessivamente lungo, e l’uso dei materiali fortemente ristretto a pochi polimeri più morbidi rispetto a quelli tradizionalmente usati, il che riduce i campi di applicazione del 4D “fisico”.
Tuttavia, dalla Singapore University of Technology and Design, dalla Xi’an Jiaotong University, Georgia Institute of Technology, e dalla Zhejiang University arriva una notizia confortante in base ad una ricerca congiunta che prevede la meccanizzazione degli step di produzione in 4D integrandoli direttamente nel processo di 3D printing.
Si tratta di una procedura tanto complessa quanto interessante: si parte da un modello tridimensionale simulato al PC. Quest’ultimo verrà poi realizzato grazie ad una stampante e immediatamente verrà applicata una fonte di calore per rendere la forma dell’oggetto modificabile. Non verrà usato a questo proposito un classico polimero, ma una lega ibrida rigida e morbida, capace di reagire alle sollecitazioni esterne.
Il nuovo 4D printing promette così oggetti “riprogrammabili” all’uso e mai identici a se stessi: il product design dei nostri oggetti tecnologici preferiti potrebbe cambiare in modo imprevedibile nei prossimi anni, quando tale tecnica sarà diffusa per realizzare ciò che finora è stato creduto impossibile.