I non-fungible token, meglio conosciuti come NFT, potrebbero rappresentare un’ulteriore svolta nella fruizione di contenuti musicali. Negli ultimi tempi abbiamo imparato ad usare sempre meglio le piattaforme di streaming musicale, come ad esempio Spotify, che ci consentono di avere tutta la musica che vogliamo a portata di mano. Tuttavia, anche con strumenti molto efficienti come Spotify i detentori dei diritti musicali si prendono il 70% della visibilità: inoltre, gli artisti meno noti partono sempre da una posizione svantaggiata rispetto ai “big”.
L’arrivo degli NFT potrebbe garantire maggiore equità e più possibilità per chi sgomita all’interno dell’industria musicale, cercando di farsi notare. Con i non-fungible token, infatti, viene sbloccato il valore e viene resa reale la scarsità digitale, in modo tale da avere un rapporto tra fan e artista unico e profondo (un sistema che in Spotify manca); inoltre, i musicisti possono avere il pieno controllo sulla propria arte. Con questa modalità le edizioni limitate, così come le prime uscite, aumentano di valore e permettono una crescita parallela del fan assieme all’artista in questione.
Se la traccia di un cantante o di una band entra nella Top 10 della settimana, infatti, comparirà anche il nome degli utenti che posseggono quel brano: con gli NFT “si diventa famosi” assieme all’artista. Gli artisti tornano così ad essere i proprietari e i protagonisti del loro lavoro, con un maggiore dominio dei propri risultati e più possibilità di interagire con i propri fan. Altri sistemi come quelli elencati, come ad esempio la vendita delle royalties direttamente ai fan grazie alla blockchain, potrebbero portare l’industria musicale a virare sulla musica NFT. Il che potrebbe arrivare a rappresentare la fine del dominio delle etichette discografiche e delle piattaforme di streaming in favore di un’industria più decentralizzata e in mano ai singoli artisti.