Sembrava stesse per chiudersi tutto con la pandemia ma dopo la crisi generata dalla pandemia di Covid-19 ci si ritrova a fare i conti con la carenza di approvvigionamenti, come si può facilmente percepire recandosi in un qualunque supermercato. Una situazione che molto probabilmente non è destinata a migliorare nel giro di poco. Ma quali sono le problematiche principali? Prima di tutto i trasporti, dato che molti porti sono rimasti chiusi proprio a causa della pandemia e in quelli riaperti c’è un certo caos derivato dai container.
Inoltre, la carenza è provocata anche dalla conversione del petrolio pesante a quello leggero, dalla diminuzione di camionisti ucraini dopo lo scoppio del conflitto e in tal senso anche le difficoltà della nuova Via della Seta, che passa attraverso la Bielorussia. In più c’è tutto il discorso legato alla produzione, come ad esempio quella dei chip, che vive da tempo criticità molto elevate con i produttori di semiconduttori sempre più in difficoltà nel soddisfare la domanda e ancor di più quelli di smartphone.
Mancano oltretutto acciaio, rame e legname, senza dimenticare che l’Ucraina è tra i produttori principali di grano, miele, senape, olio di girasole e gas neon, quest’ultimo elemento cardine nella produzione di microchip. Chiaramente la crisi degli approvvigionamenti è destinata a durare, purtroppo. Ma allo stesso tempo può rappresentare anche un’opportunità per rivedere il quadro complessivo, lavorando su un’ottimizzazione dei costi nel settore industriale e rinunciando di fatto all’abbondanza. Un approccio che può essere vantaggioso anche dal punto di vista ambientale.