Tra i cambiamenti su cui sta ragionando il nuovo governo di centrodestra guidato dalla premier Giorgia Meloni c’è anche lo spegnimento dello Spid, il sistema pubblico di identità digitale, in favore della carta d’identità elettronica (CIE) come unica identità digitale, nazionale e gestita dallo Stato. Un concetto ribadito anche dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti (Fratelli d’Italia).
Una battaglia che lo stesso Butti porta avanti già da qualche anno, dato che fu proprio lui a chiedere già nel febbraio 2020 l’introduzione di un cosiddetto “Spid di Stato”. Si tratterebbe di una bella differenza rispetto ai governi precedenti: con gli esecutivi guidati prima da Giuseppe Conte e poi da Mario Draghi, infatti, la diffusione dello Spid è aumentata a vista d’occhio anche per via dei tanti decreti che durante il periodo di pandemia hanno aperto la strada ad una serie di bonus. Non è un caso se proprio l’aumento delle identità digitali è stato inserito anche come obiettivo del Pnrr.
Al momento, stando ai dati, le identità digitali sono circa 33 milioni e mezzo, mentre i possessori di carta d’identità digitale fino a settembre risultavano pari a 31,3 milioni. La differenza tra i due sistemi consiste nel fatto che la carta d’identità digitale arriva al terzo livello, mentre lo Spid garantisce una soglia di sicurezza di primo e secondo livello.